Marco Marsullo
Romanzi per Einaudi. Articoli in giro

Viaggio avventuroso tra le app di dating

Reportage ostinato tra Tinder, Once, Lovoo eccetera

© R T / Canàl

“Sai, la gente è sola. Come può lei si consola”. Lo diceva Mia Martini in “Almeno tu nell’universo”, mica io (anche se in realtà la canzone cantata da Mimì l’hanno scritta Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio). E nel ritornello, il famoso verso che dà il titolo al brano – “Tu che sei diverso, almeno tu nell’universo” – mi ha ispirato questa indagine.

Nelle ultime settimane ho provato in prima persona le principali app di dating presenti sul mercato. Almeno, le più conosciute, perché il panorama è sconfinato e variegato, una distesa di possibilità più o meno utili alla stessa causa: conoscere una persona. 

Soprattutto ora, durante questi assurdi mesi di lockdown, imbattersi in qualcuno di nuovo è un’impresa assai ardua, tra DPCM che vietano l’uscita dopo le 22, i centri commerciali chiusi nei weekend, zone rosse, gialle e arancioni.

Nelle ultime settimane ho provato in prima persona le principali app di dating presenti sul mercato

Ho iniziato con Tinder che, va be’, non ha bisogno di particolari spiegazioni, la sua fama la precede ovunque. L’antesignana di ogni app “one shot”, nata con il principale scopo di non far perdere tempo ai suoi iscritti. Stigmatizzata da tanti, io la rispetto molto: ti dà esattamente ciò che cerchi. È onesta. Imposti il target desiderato, età, sesso e distanza in chilometri da te, e il database comincia a proporti una sfilza di candidati. 

Il meccanismo è semplicissimo: se qualcuno ti interessa schiacci il cuoricino, altrimenti swipe right e avanti il prossimo. Pochi orpelli, tutto molto funzionale, scarno ma pratico. Ovviamente c’è la possibilità di diventare utenti premium (questo lo prevedono un po’ tutte: senza denari non si cantano appuntamenti, diceva il saggio) per non avere limitazioni sul numero giornaliero delle proposte e tutta un’altra serie di vantaggi che non sto qui a dirvi. 

Tinder, parliamoci chiaro, serve a trovare persone con le quali andare a letto senza troppe pretese; chi lo installa e pensa di trovare un uomo (o una donna) che abbia voglia di prenotare il primo volo per Parigi e fare storie su Instagram insieme a Montmartre con le canzoni di Ultimo in sottofondo, be’, cambi app.

Tinder, stigmatizzata da tanti, io la rispetto molto: ti dà esattamente ciò che cerchi

Ed è per questo che, di recente, è nata Once. Quella che mi incuriosiva più di tutte e, spoiler, quella che più di tutte mi ha deluso. Once nasce come antagonista di Tinder (lo stesso nome, “Once”: “Una volta”, ce lo suggerisce), ovvero il luogo dove prendersi il proprio tempo, senza forsennate scrollate di visi e match insensati. 

Il sistema – almeno così promette l’app nella sua introduzione – ci metterà di fronte, in base agli interessi espressi nel proprio profilo, a un solo contatto ogni ventiquattro ore, e lo stesso farà con quest’ultimo. Regalando ai due iscritti un giorno di tempo per decidere se la conoscenza può prendere corpo. Uno slow-date interessantissimo. 

Eppure Once non funziona così. È uguale a Tinder, solo senza darlo troppo a vedere. I match possibili son ben più di uno al giorno e, laddove si diventasse premium (ma va?), infiniti, anche nell’arco delle ventiquattro ore. Su Once ho iniziato a parlare con Elisabetta (nome di fantasia), la quale mi ha raccontato i suoi ultimi tre appuntamenti nel mese di novembre con tre ragazzi conosciuti proprio lì su (alla faccia dell’unicità, oh). Con uno è andata fino in fondo ma non c’era compatibilità caratteriale, con un altro solo un bacio ma lui era troppo immaturo, con il terzo c’era molta intimità emotiva ma nessuna attrazione e, dunque, l’ha mandato a spasso.

Quella che mi incuriosiva più di tutte, Once, è quella che più di tutte mi ha deluso

Elisabetta mi fa un sacco di domande pratiche, utili alla conoscenza, sembra stia consultando il catalogo degli uomini di Ikea. Mi annoio. Come mi annoia Once, dunque vado avanti. Così installo Lovoo. Ecco: Lovoo è simile al Paradiso Perduto di John Milton. Il caos più totale, il male oscuro. Pubblicità ovunque (salvo che tu sia premium, of course), gettoni, monete, sussurri, chat da iniziare con contatti opacizzati fino al messaggio, notifiche ogni dieci minuti sul telefono per braccarti e convincerti a uscire con qualcuno. 

Troppo incasinato per i miei gusti, anche se una lancia a suo favore devo spezzarla. Lovoo presenta le dirette stile Instagram e Tik Tok, con la possibilità, per l’host della trasmissione, di scegliersi qualcuno che partecipi alla diretta e portarlo in uno speed date video di due minuti. Ecco, questo è geniale. Peccato per il resto.

Lovoo è come il Paradiso Perduto di John Milton. Il caos più totale, il male oscuro

Infine: Facebook Dating, l’app di Zuckerberg presente all’interno di Facebook stesso, senza bisogno di scaricare nulla. Sincero? È la soluzione migliore se siete alla ricerca di nuove conoscenze. State tranquilli: l’app, furba, vi proporrà solo contatti che non avete già tra gli amici. È un posto sereno, nessuna notifica se non quando il match sarà ricambiato. Trasmette quiete perché la grafica è identica a quella del social più famoso e con alcune delle persone proposte avrete anche delle amicizie in comune (questa può essere anche un’arma a doppio taglio, per alcuni). 

Qui faccio amicizia con Roberta, con la quale ci facciamo un sacco di risate inviandoci reciprocamente i profili più improbabili che ci avevano abbordato (perché l’umanità è sconfinata ed è piena di attrattive da luna park).

Alla fine della mia indagine, mi sono reso conto di due cose. La prima è che, nonostante queste app siano usatissime, ormai alla luce del sole, gli iscritti stessi ancora si vergognano di usarle. C’è un senso di colpa latente nel conoscere qualcuno online (forse tutto italiano?), come se si stesse facendo qualcosa di male, come se si fosse degli sfigati, anche in tempi di DPCM e pandemie. La seconda è la mia conclusione. Ho notato una grande solitudine, e una grande gioia, una speranza imbattibile, nei profili degli iscritti. Siano uomini o donne, a prescindere dall’app usata.

Nonostante queste app siano scaricatissime, molti iscritti si vergognano di usarle

Ognuno nella propria descrizione-profilo prova a dare il meglio, a strappare un sorriso, a essere incisivo, a distinguersi, a essere chiaro sui propri desideri. Anche sui propri dolori. Mi ha colpito tanto la bio di una ragazza che diceva: “Dopo tante ferite, eccomi qui!”. E, appena sopra, il suo sorriso splendente, un viso con un paio di brufoletti fuori posto, gli occhi azzurri accesi e un’improbabile frangetta bionda.

Ognuno di noi merita la felicità. Ognuno di noi, se lo desidera, merita di incontrare una persona. E merita di trovarla come gli pare.