Alice Siracusano
Proud Mom of LUZ B Corp

Togliamoci le maschere

Per scoprire cose nuove bisogna uscire da sé stessi

Sogol Sobhi ha 29 anni. È una giovane fotografa iraniana che ora vive a Milano. Lo scatto fa parte di un reportage in cui Sobhi esplora il suo conflitto interiore, sospesa tra il desiderio di lasciare la sua città natale e la consapevolezza di quanto quel luogo abbia modellato la sua identità.

©Sogol Sobhi / LUZ

Le donne musulmane si trovano spesso ad affrontare forti difficoltà sociali. Succede sia nei Paesi di provenienza che in quelli occidentali, dove spesso vengono rifiutate e subiscono pregiudizi legati alle loro origini. In un certo senso, è come se non appartenessero davvero a nessun luogo.

Dice Sogol: “In questo progetto esamino le complessità delle nostre identità, il confine tra le donne che siamo e le donne che vogliamo essere”.

Sogol sceglie la maschera come metafora del suo dissidio. Io, da italiana bianca, non posso comprendere la profondità del suo turbamento. Posso però, a mia volta, parlare delle mie maschere: quegli schemi e quelle nozioni che ho acquisito inconsciamente a causa di pressioni sociali, e che ho rischiato di portare avanti nonostante sentissi che non facevano parte di me. 

Può risultare difficile, in fondo, distinguere cosa ci appartiene davvero da ciò che ci è inculcato dall’esterno. Schemi in cui è facile accomodarsi e da cui è difficilissimo uscire. Tra i temi legati alla condizione femminile, da imprenditrice, vorrei affrontarne soprattutto uno: la maternità.

In questo progetto esamino le complessità delle nostre identità, il confine tra le donne che siamo e le donne che vogliamo essere

La maggior parte delle aziende continua a vivere la maternità come un limite. Io stessa ammetto di non aver saputo gestire bene emotivamente, fin dall’inizio del mio ruolo da CEO, la notizia di maternità delle mie collaboratrici. 

Il motivo è lo stereotipo che avevo vissuto e visto applicato da altri. Ho avuto paura: ho pensato rappresentasse un limite per l’azienda. Soltanto dopo ho capito che la paura che provavo in realtà era verso me stessa, la sensazione di incapacità di affrontare una situazione in modo diverso da come ho visto fare agli altri.

Concentrarmi sulle emozioni mi ha aiutata molto: nel momento in cui stavo reagendo con paura, cosa provavo? Come mi sentivo? Male. Stavo pensando e dicendo alcune cose, ma il mio organismo evidentemente non era a suo agio nel farlo. Sono sensazioni di malessere che si manifestano anche fisicamente.

Ho pensato alle mie maschere: quegli schemi che ho portato avanti nonostante sentissi che non facevano parte di me

Allenarsi ad ascoltare questi “sintomi” non è facile, ma possibile. Presuppone un attento e costante ascolto interiore. Aiuta parlare con altri, affidarsi ad alleati ed esperti, come le grandi e i grandi coach con cui ho avuto la fortuna di lavorare.

Una volta riflettuto sulla cosa, su di me e sui miei valori, ho capito che dovevo agire diversamente: dovevo farmi carico della responsabilità di vedere un mondo diverso da come lo avevano dipinto a me, e realizzarlo. Col tempo ho acquisito lucidità e osservato che la maternità delle lavoratrici (come la paternità dei lavoratori), se gestita con pragmatismo e con il giusto anticipo, ha solo conseguenze positive per l’azienda.

Stavo pensando e dicendo alcune cose, ma il mio corpo non era a suo agio

Innanzitutto una madre può acquisire, già nel momento dell’attesa, una forza e una creatività nuove che fungono da motore per le energie delle persone che ha accanto. 

In secondo luogo, selezionare una persona per la sostituzione di maternità consente di conoscere una nuova risorsa e inserirla nel contesto aziendale a un costo agevolato, e di far crescere i colleghi e le colleghe impostando un nuovo equilibrio di gruppo.

Dovevo farmi carico della responsabilità di vedere un mondo diverso da quello che avevano dipinto per me. E realizzarlo

Infine c’è la figlia o il figlio, che è fonte di ulteriore creatività. Far entrare in azienda i bambini coinvolgendoli in occasioni e luoghi appositi in cui incontrare la madre – o il padre – e i colleghi, dà vita a momenti unici. Gli adulti sono spinti a uscire dagli schemi, perché i bimbi non ne hanno, e questo è il vantaggio più grande.

Il rinnovamento e la crescita individuale possibili grazie all’esperienza genitoriale, come anche il tema della presenza dei bambini in azienda, non rientrano nell’unico scenario possibile. Ma credo siano aspetti da tenere a mente per assecondare le scelte delle persone con cui si lavora.

Si tratta ad ogni modo di riflessioni su argomenti e realtà che non avrei vissuto, e di cui non avrei goduto, se non avessi lottato con me stessa e se fossi rimasta nascosta dietro la mia scomoda maschera.