Marco Marsullo
Romanzi per Einaudi. Articoli in giro

L’editoria sulla giostra dei social

Bookblogger! Bookstagrammer! Book sponsorizzate!

@ R T / Canàl

In principio fu un post. Su Facebook. Quello nudo e crudo, dove c’erano ancora Candy Crush e i test per vedere quale animale ti rappresentasse (oddio, questi forse ci sono ancora). E io ero l’unico scrittore – se non l’unico, uno dei pochissimi – che raccontava le sue traversie editoriali sulla propria bacheca.

Il mezzo social, nel 2013, era molto diverso da oggi, specie per l’editoria. Ho avuto la fortuna di iniziare a pubblicare romanzi con Einaudi, una major dunque, eppure le stesse major non avevano ancora invaso l’oasi social network con le loro pagine. Se pensate che Einaudi stessa ha aperto il suo canale Instagram soltanto dieci mesi fa, capite di cosa sto parlando. Altri c’erano già, Feltrinelli, Mondadori, Rizzoli, soprattutto le piccole e medie case editrici, quelle indipendenti, che hanno capito prima dei grandi gruppi che andarsi a prendere una fetta di lettori dal social era una delle poche armi a disposizione per sopravvivere. Così, di pari passo, sono spuntati i bookblogger o bookstagrammer (è un casino, ognuno si definisce in una maniera), ed è stata una rivoluzione.

Einaudi stessa ha aperto il suo canale Instagram soltanto dieci mesi fa

Oggi tanti autori (me compreso) e tanti editori scelgono di farsi lanciare da loro, più che da una paginata sul Corriere della Sera. E questo rende la misura di due cose. La prima, di carattere filosofico: le persone saranno sempre il veicolo migliore per arrivare alle persone. La seconda: il social, specie da quando si può sponsorizzare, è il banco migliore per vendere perché è la cosa più vicina alla televisione.

Le persone saranno sempre il veicolo migliore per arrivare alle persone

Adesso però, se guardate bene sul bugiardino, ci troverete anche gli effetti collaterali: i social sono diventati una jungla di sponsorizzate, di autori ed editori, che ci bombardano con le loro novità, il loro capolavoro imperdibile, i box con “fammi una domanda”. Il risultato è che il lettore è completamente spiazzato. Gli diciamo di leggere ottanta libri al mese al fronte del (poco) tempo libero e del fatto che – ed è vero – l’Italia è un paese dove si legge poco.

E dove non si capisce che bisognerebbe ridurre il numero dei libri e puntare di più su chi i libri li scrive. Fidelizzare i lettori agli autori, farli innamorare delle storie. Non circondarli e stordirli come fossero a Las Vegas.