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Le coperte dei Navajo, simbolo di una delle più grandi tribù nativo-americane della storia, riflettono una cultura complessa, raccontata con grafiche elaborate e misteriose. Oggi ispirano industrie tessili e case di moda in tutto il mondo.

Era una tribù diversa, quella dei Navajo. Indipendenti, spesso in movimento, slegati dalle altre tribù, con una loro lingua e una loro religione. Vivevano principalmente nella regione dei Four Corners, nell’attuale Arizona, nel sud-ovest degli Stati Uniti. 

Probabilmente impararono a tessere abbastanza tardi, intorno al diciassettesimo secolo, influenzati dalla vicina tribù dei Pueblo. In breve divennero i più abili tessitori del loro tempo, realizzando coperte riconoscibili per i colori vivaci e i pattern ricorrenti.

Secondo la leggenda Navajo, la capacità di tessere era stata trasmessa agli uomini da due figure divine: l’uomo-ragno, che creò il telaio del sole, dei fulmini e della pioggia, e la donna-ragno, che insegnò loro ad usarlo. Era un dono impegnativo: i Navajo credevano di lasciare una parte della loro anima in ogni stoffa che tessevano, per questo lasciavano un filo “sciolto” nelle trame, visibile in molte coperte. Pensavano che il filo avrebbe liberato l’anima permettendole di tornare a casa.

I colori delle prime coperte erano soprattutto grigio, marrone, bianco e nero, il colore naturale delle pecore churro. Le trame erano colorate con l’indaco, ottenuto da arbusti che viaggiavano su carovane di pony. In seguito i Navajo cominciarono ad usare molto il rosso, frequente nella loro tessitura.

Divennero i più abili tessitori del loro tempo, utilizzando colori vivaci e pattern ricorrenti

Le coperte svolgevano una funzione centrale nelle loro comunità. Erano impiegate in molte occasioni, spesso indossate come abiti o mantelli o utilizzate come porte d’ingresso delle loro tende.

La tessitura era eseguita esclusivamente dalle donne, mentre gli uomini si occupavano della costruzione dei telai. Uno studio ha stimato che occorrevano 345 ore per realizzare una coperta, più di due settimane: 45 ore per tosare le pecore, 24 ore per filare la lana, 60 per tingere la lana, 215 ore per tessere.

Le principali tipologie di coperte erano tre: la serape (una coperta per le spalle più lunga che larga, come una sciarpa), la coperta del capo (dalla trama fitta e particolarmente costosa, appannaggio dei capi villaggio) e la coperta da sella, con cui venivano coperti i cavalli.

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In origine i tessuti realizzati negli accampamenti erano destinati soltanto ai Navajo, oppure venduti in scambi occasionali nei villaggi limitrofi. Nel 1800 però le linee ferroviarie iniziarono ad avvicinare i primi viaggiatori alle regioni occupate dai nativo-americani. L’intensificarsi degli affari e l’aumento della popolazione nel West fece scoprire le coperte ad un pubblico sempre più ampio.

Il commercio si espanse soprattutto dopo l’apertura della Santa Fe Trail nel 1822. Nel 1850 una coperta Navajo era venduta per l’equivalente di 50 dollari in pepite d’oro, una somma rilevante per il tempo. L’aumentare della domanda spinse i Navajo ad espandere la produzione, portando sul mercato nuove fantasie e modelli.

Le trame erano colorate con l’indaco, ottenuto da arbusti che viaggiavano su carovane di pony

Nacque la coperta “Two Grey Hills” (prevalentemente bianca e nera), la “Teec Nos Pos” (colorata e con forme estese), la “Wide Ruins” con motivi geometrici e la “Red Mesa” con trame a rombi. Molti modelli avevano forme simmetriche e incarnavano le idee sull’armonia o sul hozh, il sistema di valori della cosmologia Navajo.

Uno dei simboli più presenti nei pattern è la croce. Sono poche le certezze sul significato di questi segni, ma sono molte le ricerche e le interpretazioni. Secondo molti la croce rappresentava probabilmente la figura femminile della donna-ragno, e veniva inserita nei disegni come omaggio alla sua saggezza.

Siccome intrappolare una croce all’interno di una forma chiusa, come un diamante o un quadrato, veniva considerato irrispettoso, alle croci veniva applicato un piccolo foro in superficie, così che la figura potesse liberarsi. 

Anche rombi e triangoli erano frequenti nelle texture delle coperte. Il rombo simboleggiava probabilmente la patria Dinétah, la terra dei Navajo, con i suoi quattro angoli sacri.

I triangoli erano posti di lato o in verticale. Posizionati uno sopra l’altro potevano rappresentare le piume di un uccello o la spina dorsale di una figura sacra.

Verso la fine del secolo ricorre l’icona dei “tronchi rotanti”, una forma che ai nostri occhi è uguale a quella di una svastica. Il simbolo apparteneva al mito fondativo dei Navajo ed era sinonimo di buona fortuna, ma la similitudine con l’icona nazista avrebbe causato sconcerto in Occidente.

La passione per il disegno emerge in altri oggetti della produzione Navajo. In diversi canyon dei Four Corners sono stati ritrovati pittogrammi e ceramiche con gli stessi pattern, a conferma della centralità della grafica nell’immaginario locale. Su molti reperti compare il disegno di fulmini, spesso sotto forma di piccoli zigzag.

I Navajo crearono le loro coperte principalmente fino alla metà dell’Ottocento. Nel 1861 il maggiore dell’esercito americano James H. Carleton attaccò il territorio della tribù. L’esercito costrinse gli abitanti ad abbandonare la propria terra e ripiegare nella riserva di Bosque Redondo.

La passione per il disegno emerge in molti oggetti della produzione Navajo

Il più antico tappeto Navajo ritrovato risale a 60 anni prima. Nel 1804 alcuni membri della tribù erano stati attaccati dagli spagnoli nel Canyon de Chelley, territorio sacro dei Navajo. Gli autoctoni furono sconfitti e per oltre un secolo la popolazione si rifiutò di entrare nel canyon.

All’inizio del 1900 un commerciante americano, Sam Day, recuperò le coperte in quella zona, ignaro della sacralità del luogo. Il venditore avrebbe poi ceduto i ritrovamenti ad un museo degli Stati Uniti.

Per molto tempo i tessuti e le opere Navajo hanno arricchito soprattutto le collezioni di antropologi, musei storici e appassionati di belle arti. Lentamente il mito delle loro coperte sarebbe entrato nell’immaginario del mondo.

 
Questo articolo è frutto di sintesi e rielaborazione di notizie provenienti da diverse fonti, tra cui The JournalCanyon, Heddels