Nel ‘68 erano molti i giornali underground letti e condivisi nelle comunità hippy di tutto il mondo. C’erano magazine audaci e rivoluzionari come “Frendz”, “The Oracle of Southern California” e “Wendingen”, in Germania. Ma la pubblicazione sulla bocca di tutti era “OZ”, la rivista di cui parlavano rockstar e artisti. “OZ” era stimolante, trippy, piena di tabù erotici. E presto sarebbe finita al centro di un processo per oscenità. 

La storia di OZ è stata raccontata di recente dal sito online Messy Nessy Chic. Ma altri profili erano usciti in precedenza su The Guardian e Atlas Obscura. Si tratta probabilmente della più iconica “fanzine” dei cosiddetti swinging sixties, tra la fine dei ‘60 e l’inizio del decennio successivo. OZ nacque a Sydney, in Australia, da tre studenti ribelli: Richard Neville, Richard Walsh e Martin Sharp. Il primo numero venne pubblicato la mattina del pesce d’aprile del 1963. Per l’ora di pranzo erano state vendute 6.000 copie. 

La redazione di OZ era pionieristica nel trattare temi come censura, omosessualità e razzismo. Gli articoli si schieravano contro il coinvolgimento del governo australiano nella guerra in Vietnam, oltre a mettere in ridicolo figure istituzionali come il primo ministro Robert Menzies. In seguito all’uscita del terzo numero, le autorità accusano i fondatori di aver distribuito una pubblicazione indecente e oscena.

I tre editori di OZ a Londra: Richard Neville, Felix Dennis e James Anderson (Daily Express/Getty Images)

Fu una rivista pionieristica nel trattare temi come censura, omosessualità e razzismo

Gli autori non si lasciarono però intimidire. Nel quinto numero pubblicarono una critica alla polizia australiana, accusata di essere xenofoba e di maltrattare in particolar modo gli omosessuali. Ne seguì una furiosa polemica in Australia e una causa legale che condannò al rogo tutte le copie di quel numero. La pubblica accusa richiese che i tre fondatori fossero condotti in carcere e condannati ai lavori forzati. A quel punto Neville, Walsh e Sharp pensarono bene di trasferirsi altrove.

Nel 1966, dopo un’estenuante lotta contro l’establishment australiano, Neville e Sharp fuggirono in Inghilterra. Londra era il luogo perfetto per piantare il seme di OZ. Nel gennaio del 1967 la versione britannica della rivista nacque in un seminterrato di Notting Hill e la redazione sarebbe diventata un punto di riferimento per la controcultura della città.

Neville era a capo della progetto, il motore dell’impresa, la mente dietro le pagine. Marsha Rowe, che aveva lavorato per OZ a Sydney e a Londra, avrebbe raccontato in seguito che “Neville era il tipo di persona che ispira sempre gli altri, un catalizzatore e un innovatore. Aveva un grande carisma, era diventato amico di artisti come Eric Clapton. Ma anche di anarchici e fuorilegge”.

OZ magazine - n.16

Sarebbe diventata il simbolo di tutte le pubblicazioni di controcultura dell’epoca

Poi c’era Martin Sharp, a lungo uno dei più noti artisti pop in Australia, e responsabile delle immagini di OZ. In quegli anni l’uso della stampa offset, e un ampio uso di allucinogeni, conferirono a Sharp molta libertà nella composizione delle pagine.

L’introduzione di nuovi colori e tonalità fluorescenti resero la rivista eccezionale nella scena editoriale dell’epoca. Ogni numero era pieno di trovate creative e sorprendenti: l’undicesimo numero includeva, ad esempio, un set di adesivi psichedelici. Il noto designer David Hockney produsse poster notevoli per OZ collaborò a lungo con la rivista. Ci furono contributi di Pete Townsend, Jimmy Page e Andy Warhol. Mick Jagger era un fan e sostenitore di OZ.

OZ Magazine - Febbraio 1969

La stampa offset, e un ampio uso di allucinogeni, offrivano alla redazione grande libertà nel comporre le immagini

La rivista affrontava i principali temi che attraversavano la società del tempo: l’attivismo studentesco, le droghe psichedeliche, la liberazione sessuale, le filosofie new age. Probabilmente una redazione così rivoluzionaria e anti-establishment non poteva che attirare una punizione da parte delle istituzioni, anche lontana da Sydney. Non passò molto tempo, infatti, prima che la polizia di Londra facesse irruzione negli uffici del magazine.

Questa volta le autorità non riuscirono a fermare la pubblicazione e il team decise, in risposta, di alzare la posta. Nel 1970 la direzione affidò tutti i contenuti del numero di Maggio ad un gruppo di ragazzini, a cui venne concessa la libertà di toccare qualsiasi tema. Fu un’uscita speciale, dal titolo “Schoolkids OZ”.

Il numero avrebbe presto attirato le attenzioni dell’opinione pubblica benpensante e della magistratura, portando OZ sul banco degli imputati nel più lungo processo per oscenità nella storia delle riviste in inglese.

OZ Magazine - Maggio 1970

Nel 1970 affidarono tutti i contenuti del numero ad un gruppo di ragazzini, a cui venne data piena libertà

Uno dei contributor del numero, uno studente di 15 anni, aveva creato una vignetta sessualmente esplicita del personaggio per bambini Rupert The Bear. Altri produssero grafiche oscene di corpi nudi e masturbazione. Le pagine furono ritenute scandalose, e i tre editori adulti di OZ (Richard Neville, Felix Dennis e James Anderson) furono accusati di “cospirare per corrompere la morale dei minori”. Un’accusa che in Inghilterra prevedeva sanzioni pesantissime, fino alla detenzione a vita.

Ci furono molte proteste dei lettori e grandi mobilitazioni in strada, in difesa della libertà di espressione. Il processo contro OZ divenne un caso pubblico seguito in tutto il mondo. Nacquero accesi dibattiti sulla censura, che proseguirono dopo la conclusione del processo. Molti temevano gravi conseguenze per la libertà di parola per molte riviste.

(OZ magazine - Febbraio 1967)

Uno dei contributor, uno studente di 15 anni, aveva creato una vignetta sessualmente esplicita del cartone animato “Rupert The Bear”

Quella di OZ divenne una battaglia simbolica, raccontata perfino in un documentario. Il quotidiano inglese Times of London raccontò di aver ricevuto più lettere sul processo che sulla crisi di Suez. Un’effige del giudice del processo venne bruciata davanti alle aule del tribunale. John Lennon pubblicò un instant-album dal titolo “God Save Oz” (in seguito cambiato in “God Save Us”), per raccogliere fondi a sostegno del magazine.

Dopo sei settimane di grande tensione, il trio scampò la condanna per cospirazione, quella più grave. Ma non quella per reati minori. Gli editori finirono per qualche giorno in prigione, dove gli operatori del centro tagliarono i loro lunghi capelli hippie, con un gesto che causò ulteriore indignazione tra i fan. Gli avvocati della redazione ribaltarono il verdetto in appello e i tre furono rilasciati di lì a poco.

Nei mesi seguenti la circolazione di OZ aumentò vertiginosamente, per poi precipitare di colpo. La passione di Neville, come lui stesso raccontò, iniziò a spegnersi. “Mentre preparavamo la nostra difesa, mi sembrò che stessi diventando sempre più un propagandista, non più l’autore di una rivista che provava ad offrire una piattaforma per scrittori e fumettisti”. Nel novembre 1973 la società dichiarò bancarotta e la rivista chiuse.

Per decenni le copie di OZ sono state ricercatissime dai collezionisti. Poi nel 2014 sono state restituite al pubblico grazie al lavoro dell’Università di Wollongong. Oggi i numeri della rivista sono disponibili online, recuperati e divulgati dall’ateneo pubblico del Nuovo Galles, in Australia.