Nel 1951, durante il regime di segregazione razziale, in Sudafrica nacque una rivista che diventò mezzo di espressione, resistenza e lotta per la comunità nera. Si chiamava Drum, ancora oggi è uno dei magazine più letti del continente.

In origine il nome della rivista era African Drum e raccontava principalmente la dimensione tribale del Paese. Nei primi tempi, tuttavia, il magazine stentava a decollare e i conti economici non erano incoraggianti. Dopo qualche mese il direttore Robert Crisp venne sostituito dall’ex pilota di caccia Jim Bailey, che fece impennare popolarità e lettori della rivista, rinominandola Drum e trasferendone l’headquarter a Johannesburg.

Bailey spostò l’attenzione dalle campagne alle città, dalla cultura popolare a quella nera urbana. Il magazine divenne una voce importante degli emergenti movimenti nazionalisti africani. Un mezzo nuovo per unire e mobilitare la resistenza degli anni ’50.

Uno degli obiettivi della rivista era cambiare il modo in cui la popolazione di colore veniva rappresentata durante l’apartheid. Per garantire che gli articoli riflettessero la vita di quella parte di comunità, fu creato un comitato editoriale con le figure culturali e politiche più influenti dell’epoca. Il consiglio si riuniva una volta al mese per proporre idee per nuovi articoli.

 

Drum Magazine, luglio 1956 (The New York Times Magazine)
Drum Magazine, luglio 1955 (New Frame)

La redazione sarebbe diventata anche uno spazio di formazione per le nuove generazioni. Visto che nel Paese non c’erano strutture educative aperte a ragazze e ragazzi neri, il magazine diventò una scuola per apprendere nuove competenze nell’ambito della scrittura, della fotografia e della grafica. 

In quegli anni Drum forniva inoltre una tregua momentanea dall’apartheid, visto che l’ambiente integrato della redazione era libero dalla segregazione. Nei suoi uffici prendeva vita una piccola comunità diversa, che offriva un sollievo temporaneo da una vita di discriminazioni. 

Drum Magazine, aprile 1956
Drum Magazine, febbraio 1955 (The New York Times Magazine)

Drum divenne presto molto popolare in diverse città sudafricane. Un articolo del 1959 della rivista Time – dal titolo “Drum Beat in Africa” – riportava che la rivista aveva raggiunto le 240.000 copie distribuite in tutto il continente. Il suo successo travalicava i confini nazionali: le copie raggiungevano altri Stati come Kenya, Ghana, Nigeria e Sierra Leone.

Uno degli obiettivi della rivista era cambiare il modo in cui le persone nere venivano rappresentate nella società dell’apartheid

Lo stile editoriale si ispirava alle riviste americane Look e Life: copertine colorate e accattivanti, un linguaggio pieno di slang e grande spazio alle immagini. La fotografia, parte fondamentale del successo di Drum, era in quegli anni uno dei mezzi più efficaci per documentare le proteste e raccontarle ad un pubblico analfabeta.

Le foto scelte per le copertine – con ragazze sorridenti, musicisti jazz e storie di crimini – attiravano molti lettori, contribuendo ad incrementare la circolazione della rivista. I primi fotografi della redazione furono Jurgen Schadeberg (fotografo investigativo e photo editor della rivista), Bob Gosani e Peter Magubane, assunto come autista e che divenne presto una figura centrale del reparto fotografico.

Gli articoli di Drum raccontavano storie femminili, cronaca nera e cultura locale. Ma parlavano anche di abusi, violenze e discriminazioni nei confronti della popolazione nera. Tra i reportage più celebri ci fu Bethal Today, del marzo 1952: un articolo di otto pagine sulle condizioni miserabili dei lavoratori nelle fattore di Bethal, un villaggio poco distante da Johannesburg. Il reportage e le sue fotografie crearono sconcerto in Sudafrica, costringendo il governo a rivedere le politiche del lavoro in tutta la zona.

Drum Magazine, maggio 1962 (The New York Times Magazine)
Drum Magazine, aprile 1957 (The New York Times Magazine)

Dopo Bethal Today le pagine della rivista ospitarono altri racconti sulle ingiustizie dell’apartheid. Tra questi Defiance Campaign, un racconto della prima manifestazione politica multirazziale su larga scala contro la segregazione. La rivista seguì da vicino anche il processo per alto tradimento nei confronti di Nelson Mandela. 

Oggi Drum esce soltanto in versione digitale e i suoi bilanci sono stati pesantemente colpiti dalla crisi da Covid-19. La rivista si rivolge ancora al suo pubblico tradizionale – quello istruito e dei centri urbani – ma si orienta più verso l’intrattenimento, con meno spazio dedicato alle questioni politiche. Ancora oggi, a 70 anni, rimane una delle riviste più lette in Africa. È parte della vita di molti sudafricani.