(“Love and Compassion”, illustrazione di Burhan Karkutli, 1971)

Negli ultimi anni si è diffuso anche in Occidente un rinnovato interesse per la grafica araba, grazie ad una nuova generazione di creativi che promuovono la propria cultura in Europa e in America. Un libro recente, dal titolo “A History of Arab Graphic Design”, racconta in breve la storia della cultura visiva araba.

Pubblicato da Cairo Press e scritto da Bahia Shehab e Haytham Nawar, il libro descrive le figure e gli eventi alla base dello sviluppo del graphic design in Medioriente e Nord Africa. I due autori hanno esaminato il lavoro di oltre 80 designer, dall’inizio del ‘900 alla fine del Ventesimo secolo, muovendosi tra autori tradizionali e creativi digitali. Il volume raccoglie locandine, manifesti e riviste dagli anni ’50 ad oggi. Ne ha parlato, con un’intervista interessante agli autori, il sito di grafica e comunicazione Eye on Design.

Una delle principali difficoltà in cui si sono imbattuti Shehab e Nawar è la scarsa disponibilità di materiali. Gli archivi nazionali dei paesi arabi sono spesso inaccessibili, mentre le collezioni personali sono carenti o poco fornite. Secondo Shehab uno dei motivi riguarda, però, nello specifico la grafica. “La scarsa tendenza alla conservazione riflette la scarsa importanza attribuita al nostro lavoro”, ha spiegato. “Se istituzioni e scuole non conservano i nostri progetti, gli stessi designer possono percepire che il loro lavoro non è molto importante”.

Il volume raccoglie i lavori di 80 designer, tra autori tradizionali e creativi digitali

 

Ci sono anche altre cause, probabilmente, all’origine del problema. Molti progettisti arabi fuggono da guerre, disordini civili o invasioni. Hanno altre priorità rispetto all’archiviazione scrupolosa dei lavori. “Non è perché non vogliamo o non siamo bravi a farlo. Come cittadini arabi post-coloniali, abbiamo esigenze diverse” ha commentato Shehab.

La stessa nozione di “mondo arabo” rappresenta un concetto particolarmente eterogeneo. Il libro si sofferma su questo aspetto, analizzando la tendenza a semplificare un universo molto sfaccettato. Ogni volta che usiamo l’aggettivo “arabo”, sostengono gli autori, unifichiamo un intreccio di culture, lingue e identità. Raccogliere sotto un’unica categoria i progetti grafici di 420 milioni di persone è un esercizio in parte insensato. 

Cover del libro "Beautiful Tales” (Agmal al-hikayat), progettata dal designer egiziano Hilmi al-Touni nel 1990

Shehab e Nawar hanno avuto una dimostrazione di questa complessità durante la preparazione del libro. La ricerca dei materiali non è stata uguale in tutti i paesi: 40 degli 80 designer di cui parla il libro vivono in Egitto, paese con centri culturali evoluti. Altri provengono da Libano, Siria e Iraq. È stato molto più difficile trovare creativi in Libia, Algeria e Yemen, nazioni in cui l’interesse per la grafica è meno diffuso.

Locandina del film "Streetplayer", del designer Samir Abd al-Mun'im, 1983

Raccogliere sotto un’unica categoria i progetti grafici di 420 milioni di persone, non è forse insensato?

Il libro racconta come siano stati soprattutto gli eventi politici a dare forma allo stile visivo arabo. Tra i temi toccati c’è il ruolo della grafica nella guerra civile libanese e nel governo di Nasser in Egitto, ad esempio. Altri capitoli raccontano la creazione di scuole di design nel mondo arabo e la sfida di adattare la lingua alle tecnologie di stampa nate per il latino.

Alcune delle pagine più interessanti sono dedicate alla resistenza palestinese negli anni ’60 e ai simboli che accompagnarono la battaglia. Diversi tra i progettisti più produttivi e sperimentali del periodo, come Hilmi al-Touni, Mohieddine el Labbad, Kamal Boullata e Dia Azzawi sono ancora oggi al centro di controversie locali, per il ruolo giocato nelle campagne politiche del loro popolo.

La copertina della rivista "Shu' un Filastinya", disegnata da Kamala Boullat (1977)

Un’altra sezione del volume parla dei “Calligrafi dell’Età dell’Oro”, specialisti di lettering egiziani degli anni ‘50. Il loro capolavoro è rappresentato, probabilmente, dalla produzione dai titoli di testa per “Layali el Hilmiya”, soap opera di grande successo popolare.

L’autore è Khudair al-Bursa‘idi, designer particolarmente apprezzato in Egitto, con un museo personale al Cairo e una sterminata produzione di grafiche per la tv. “Non progettavamo solo credits per la televisione. In un certo senso i titoli definivano l’intero look and feel del progetto”, ha raccontato il creativo. “Oggi i giovani designer arabi fanno cose diverse. Ma noi abbiamo creato dei ricordi collettivi ancora vivi”.

Manifesto per il Consiglio Nazionale del Turismo Libanese, realizzato da Mouna Bassili Sehnaoui (anni ’70)

Ci sono anche i “Calligrafi dell’Età dell’Oro”, esperti di lettering egiziani degli anni ‘50

Il libro contiene molte altre storie e analisi interessanti. È scritto in un linguaggio chiaro, adatto ad un pubblico ampio. Nel 2021 ha vinto il Prose Award dell’Association of American Publishers. Gli autori stanno preparando un secondo volume. “Abbiamo così tante curiosità, così tante storie da trovare. Vogliamo continuare le ricerche sul graphic design arabo”. Per chi vuole approfondire, qui trovate una bella intervista a Shehab sul sito di Monocle.