Fabio Servolo
CoFounder - Panama

Bellezza e follia dei profili seriali su Instagram

Quelli con lo stesso soggetto ripetuto decine di volte, avete presente no?

Perché si inizia a raccogliere e catalogare qualcosa? Magari per intrattenere sé stessi, dare un senso alle porzioni di tempo che francamente sembrano non averne. Dalla canonica collezione di monete ai braccialetti dei concerti. Ma se gli oggetti in questione fossero buste di surgelati, ci sembrerebbe un passatempo ancora così plausibile?

Quando l’attenzione si sposta verso i confini non del tutto nitidi della mania visiva, nasce qualcosa di nuovo: si chiamano profili seriali, come i killer. Il loro terreno di gioco è Instagram, la loro caratteristica basilare è l’ostinata ripetizione. Sono dedicati alle sedie lasciate vuote negli angoli, ai promemoria persi in strada, ai dettagli tipografici stampati sui vagoni merce o alle persone al museo. Un tentativo più coraggioso e ai limiti della violazione di privacy è dedicato ai sonnellini fatti in treno.

Un utente infastidito dall’esistenza dei funghi ha pensato di alzare il dito medio davanti a ognuno di loro, immortalando ogni vaffanculo con un post. Il progetto si chiama Fuck Mushrooms. Ma anche la quarantena ha alimentato il fenomeno della serialità, dando vita a una bellissima pagina di autocertificazioni illustrate, per togliere spazio alla burocrazia e ridarlo all’immagine.

L’identità di questi profili nasce da una ripetizione ipnotica e dal concetto di serie

Si tratta di iniziative spontanee, senza dubbio più interessanti del canonico collezionismo. Il canale social è utilizzato per una ricerca visiva indipendente, libera dai canoni estetici, che non ha paura di avvicinarsi al brutto o al banale. Non è necessario trovare un accostamento cromatico, scattare dall’alto per enfatizzare la composizione o trovare il filtro più adatto per il tramonto. La regola è una sola: ripetere per affermare, dichiarare un’esistenza, regalare un attimo di dignità ai soggetti che in genere non vengono riconosciuti come tali.

L’identità di questi profili nasce da una ripetizione ipnotica e dal concetto di serie. Ma siccome nulla è mai nuovo del tutto, la loro genesi parte un po’ inconsciamente da ricerche artistiche precedenti. C’è un collegamento con il gruppo di autori che utilizzano le found images durante gli anni cinquanta, cercando una comunione fra contenuti distanti e creando significato a partire da qualcosa di già esistente.

Pine e Jacqueline Woods, nel loro American Typologies, affiancano immagini scattate da persone sconosciute, facendo emergere molti dei nostri stereotipi comportamentali: ogni scatto si assomiglia, anche cambiando città, anno e soggetti, rivelando una visione preconfezionata sia nei comportamenti che nella composizione dell’immagine.

Instagram è utilizzato per una ricerca visiva indipendente, che non ha paura di avvicinarsi al brutto o al banale

Instagram, come strumento digitale, offre la possibilità di essere rapidi, disfarsi di un archivio fisico e di uno spazio espositivo. Disfarsi anche della rigidità tipica di un certo approccio all’immagine. Come fedele amante del mass market e del grande pubblico, dalla Sardegna mi chiedo: a quando la pagina Una Ichnusa per ogni tramonto? Potrebbe funzionare.