Nel 1987 John Cage scrisse Organ2/ASLSP (As Slow As Possible), un brano per organo che è una sorta di esperimento: l’indicazione dell’autore è eseguire le note il più lentamente possibile. Ma quanto lentamente si può suonare un brano? Lento? Lentissimo? Len-tis-si-mis-si-mo?
Da allora tra i musicisti è partita una gara di lentezza: due organisti di Montreal l’hanno suonato per 12 ore nel 2015; Diane Luchese ha eseguito una versione per pianoforte di 15 ore; di recente un canale Twitch ha trasmesso una performance lunga 24 ore.
All’inizio del millennio la chiesa di Halberstadt, in Germania, ha alzato definitivamente il livello: la John Cage Organ Foundation ha deciso di suonare il brano per 639 anni, con finale previsto per il 2640. Sono pazzi? Come fanno?
Hanno costruito un organo speciale, con sacchi di sabbia sui pedali per mantenere le note il più a lungo possibile. La performance è iniziata a settembre 2001 e da allora non è successo molto. In partenza lo spartito prevede infatti una pausa, una notazione musicale che indica l’assenza di suono. Da quel giorno, e sono passati 21 anni, si sono verificati solo 12 cambi di accordi. La prossima nota arriverà il 5 febbraio 2024. Con calma, adagio.
Dall’uscita del brano tra i musicisti è partita una gara di lentezza
L’esperimento avrà bisogno di finanziamenti secolari e la complicità delle prossime generazioni, che dovranno raccogliere il testimone e tenere fermi i sacchi. Intanto l’operazione ha portato a Halberstadt, una sonnolenta cittadina tedesca di 40.000 abitanti, molti appassionati e curiosi.
Andreas Henke, il sindaco, ha detto che la maggior parte degli abitanti di Halberstadt non sa nemmeno dell’esistenza del concerto, ma l’amministrazione è comunque fiera di ospitare l’idea di un gigante come Cage.
La John Cage Organ Foundation ha iniziato un’esecuzione che durerà 639 anni
La musica di John Cage è nota per l’inclinazione a sfidare regole e preconcetti. Nei suoi brani ha usato verdure, giocattoli, mazzi di carte, frullatori e tostapani. In questo caso Cage ha pensato ad un virtuosismo, un’acrobazia musicale che ovviamente è anche una riflessione sul nostro modo di affrontare il tempo.
Per molti l’opera rappresenta una critica alla fretta maledetta, alla frenesia che ci logora, all’iper-accelerazione di tutto (le mail, i messaggi vocali, i tiktok). L’esperimento ci ricorda che rallentare si può, nessuno ci ha condannato a vivere su un tapis roulant.
È un invito a “liberare” il tempo, ad usarlo come vogliamo, senza minutaggi imposti e durate standard. Allargarlo e allungarlo come ci pare, ma trovando finalmente il nostro passo. Dovessimo metterci anche 600 anni.