(Behance)

“Caro Tim Cook, la bellezza della lingua urdu è nel suo carattere”. Comincia così la lettera che nel 2013 il programmatore pakistano Mudassir Azeemi ha inviato al CEO di Apple per chiedergli di trovare un modo di digitalizzare la sua lingua madre, salvandola dall’oblio.

Parlato da circa 170 milioni di persone, l’urdu è una lingua diffusa principalmente in Asia meridionale, la cui scrittura deriva in parte dall’arabo. A differenza di quest’ultimo, che si basa sullo stile calligrafico naskh, l’urdu utilizza un alfabeto chiamato nastaʿlīq, attualmente inadattabile agli spazi digitali. La sua storia è stata raccontata dal giornalista Alizeh Kohari sul sito Rest of World.

Nato in Persia nel XIV secolo, il
nastaʿlīq ha ricoperto un ruolo fondamentale nel processo di costruzione di un sentimento nazionale in Pakistan, oltre ad aver contribuito alla diffusione del Corano in tutto il subcontinente asiatico. Le fonti più accreditate raccontano che fu il calligrafo Mir Ali Tabriz a inventare questo stile, che pare gli avesse suggerito in sogno Ali, genero del profeta Maometto, chiedendogli di disegnare le lettere come fossero ali di uccelli.

Parlato da circa 170 milioni di persone, l’urdu è una lingua diffusa principalmente in Asia meridionale, derivata dall’arabo

In effetti, a un osservatore che non ne conosca il significato, i caratteri nastaʿlīq suggeriscono immagini poetiche: stormi, rami in fiore, trapezisti ciondolanti lungo una linea immaginaria. Una delle peculiarità della lingua nastaʿlīq è data dal fatto che più una parola è lunga, più i caratteri che la compongono tenderanno a inclinarsi verso il basso, andando a creare una discesa più o meno ripida nella frase.

Inoltre, ciascun carattere cambia forma a seconda di quelli che lo precedono o seguono. Il che, in un alfabeto composto da 39 lettere, permette di creare infinite combinazioni.

Proprio la natura cangiante della scrittura nastaʿlīq ha impedito per anni agli sviluppatori di elaborare un font definitivo, che somigliasse in tutto e per tutto a quello utilizzato nei testi storici.

I caratteri suggeriscono immagini poetiche: stormi, rami in fiore, trapezisti ciondolanti

Il problema del difficile adattamento dell’urdu si era già presentato nell’ambito della stampa in serie. Fino agli anni Settanta la resa tipografica del Nastaʿlīq non si avvicinava neanche lontanamente alla calligrafia originale. Per non scontentare i propri lettori, gli editori continuavano dunque a scrivere a mano le pagine dei giornali, impiegando eserciti di amanuensi che trascrivevano giorno e notte. 

Un primo tentativo per risolvere l’annosa questione fu proposto da Ahmed Mirza Jamil, proprietario di una tipografia a Karachi, capitale della provincia del Sindh. Prima di morire suo padre si era ripromesso di trascrivere l’intero Corano di suo pugno. In punto di morte non aveva raggiunto che un terzo dell’obiettivo, perciò i figli decisero di ultimare il progetto, servendosi della tecnologia allora esistente. Dopo aver fotografato i nove capitoli già redatti, tagliarono e incollarono diverse scansioni, arrivando a creare diverse migliaia di combinazioni.

 

Un poster in lingua urdu del designer Ata Ur Rehman (Urdu Posters Vol.1)

Il problema del difficile adattamento dell’urdu si era già presentato nell’ambito della stampa in serie

Il lavoro richiese oltre 13 anni, ma permise di porre le basi per lo sviluppo del noori nastaʿlīq, che per molti anni divenne lo standard tipografico, utilizzato nella stampa di quotidiani e riviste. Ne esiste anche una versione digitalizzata, benché sia ormai evidente la necessità di aggiornamento per adattarlo all’estetica della nuova generazione di nativi digitali. 

Da questa esigenza nasce il Mehr Nastaliq, un font digitale composto da 500 caratteri, che include anche una porzione dei circa 20.000 glifi utilizzati nella lingua urdu, e permette di aggiungere segni diacritici sulle lettere. 

Dopo la lettera di Azeemi a Tim Cook, Apple ha provato a raccogliere la sfida, inserendo la lingua urdu tra le opzioni da tastiera sui dispositivi iOS a partire dal 2017. Il problema del nuovo font di Apple, che prende il nome di Noto Nastaliq, è che ancora una volta si basa sullo stile calligrafico naskh, cioè quello della calligrafia araba.

Apple ha provato a raccogliere la sfida, inserendo ufficialmente la lingua urdu tra le opzioni da tastiera sui dispositivi iOS

Quello che ad alcuni potrebbe sembrare un cavillo linguistico di poca importanza, rappresenta una battaglia culturale per milioni di persone che considerano l’urdu parte integrante della propria identità e che puntano a preservare i suoi tratti distintivi dal  punto di vista puramente grafico, anche online.

Rifiutare le opzioni attualmente disponibili, almeno fino a quando non saranno in grado di rispecchiare la complessità della scrittura nastaʿlīq, potrebbe mettere a rischio la sopravvivenza stessa della lingua urdu. 

Come ha fatto notare il linguista András Kornai nel suo libro Digital Language Death, delle oltre 7.000 lingue usate nel mondo, meno del 5% sta riuscendo nel passaggio online. L’inesorabile digitalizzazione degli strumenti di comunicazione sta contribuendo, quindi, a un’estinzione linguistica di massa. 

Un calligrafo scrive in lingua urdu in un mercato in India (Stuart Freedman / InPictures, Getty Images)

Potrebbe sembrare un cavillo linguistico di poca importanza, ma è una battaglia culturale per milioni di persone

Kornai spiega come esistano dei passaggi obbligati che scandiscono la morte di una lingua. Per prima cosa, le persone che la parlano smettono di utilizzarla in contesti pratici, come quello delle attività commerciali. In seguito, le generazioni più giovani cominciano a perdere interesse e a non utilizzarla quando parlano tra di loro (oggi soprattutto via chat e social), fino a dimenticarla del tutto e a non essere più in grado di trasmetterla ai posteri. Dall’inizio del declino alla completa estinzione possono passare molti anni, almeno un secolo secondo i criteri stabiliti dai linguisti. 

Al momento, l’unica possibilità di sopravvivenza per l’urdu sembra essere scendere a compromessi con gli strumenti da tastiera esistenti, progettati in una logica che tende a privilegiare le lingue basate sull’alfabeto latino, rinunciando ad apparire sugli schermi in tutta la sua originalità stilistica.

Una delle poche lingue ad essere sfuggita all’egemonia delle lingue “dominanti” è il cinese. La scrittura cinese, infatti, non è né alfabetica né sillabica, bensì logosillabica, composta cioè da caratteri che rappresentano una sillaba o una parola. Gli sviluppatori sono dunque stati costretti a elaborare un sistema “ex novo” per riuscire a trasporla efficacemente online. Ma l’urdu non è mai stato tanto significativo – non solo da un punto di vista linguistico, ma anche politico-economico – da spingere gli sviluppatori a uno sforzo e un investimento maggiore in tal senso.